mercoledì 26 febbraio 2014

Renzi, giro di boa per il Pd

Affermare – come ha fatto Matteo Renzi nell'introduzione alla nuova edizione di "Destra e sinistra" di Norberto Bobbio – che il Pd non intende più collocarsi a sinistra conclude l'ultimo giro di boa del partito democratico. Simbolico, ma fa impressione che questo arrivi proprio quando in Italia si superano i 4 milioni di senza lavoro
Si conclude, con il nuovo governo e la sua carta di identità allegata su Repubblica da Matteo Renzi, l’ultimo giro di boa simbolico del Pd. Simbolico, perché nelle scelte concrete era già consumato da un pezzo, ma dare il vero nome ai fatti non è cosa da poco (non è passatempo da giorni festivi, come verseggia Eliot a proposito del nome da dare al proprio gatto). Che il Pd precisi come la sua immagine non debba più essere a sinistra, o di sinistra, riconoscendo come sola discriminante culturale e sociale “il nuovo e il vecchio” non è una gran novità, il concetto ci svolazza attorno da un bel pezzo, ma affermare che il Pd non intende più collocarsi a sinistra resta uno scatto simbolico rilevante. Non solo infatti, come taluni vagheggiavano, non è più in grado di compiere scelte di sinistra, poniamo, da Monti, ma neppure mira più a farle e a questo scopo ha scelto come proprio leader “Matteo” per chiarirlo una volta per tutte. Non in parlamento – nessuno, a cominciare da Giorgio Napolitano ha tempo da perdere – ma su un giornale amico e a governo varato.
Lo fa prendendosi qualche licenza culturale, come citare Norberto Bobbio contro Bobbio esempio di chi, se aveva ragione in passato, non l’avrebbe più oggi, quando la distinzione tra destra e sinistra non avrebbe più senso. Pazienza, oggi ne vediamo di ben altre. Fra le innovazioni trionfanti c’è che ciascuno riveste o spoglia dei panni che più gli aggrada il defunto scelto come ispiratore. Più significativo è che il concetto archiviato indicava il peso assegnato da ogni partito alla questione sociale e dichiararla superata proprio mentre si sfiorano e forse si superano i quattro milioni di senza lavoro, fa impressione. Forse per questo l’ex sindaco di Firenze si era scordato di informarci su quel job act che doveva presentare entro gennaio; ma in primo luogo non risulta che durante le consultazioni qualcuno glielo abbia ricordato, in secondo luogo nel governo se ne occuperà la ministra Guidi, donna imprenditrice esperta in quanto allevata dal padre confindustriale.
Sappiamo dunque che dobbiamo attenderci con il nuovo esecutivo e dobbiamo al Pd tutto il peso, visto che né la sua presidenza né la sua minoranza gli hanno opposto il proprio corpo, al contrario hanno sgombrato il campo sussurrando come il melvilliano Bartleby “preferirei di no”. Della stessa pasta la stampa, affaccendata dal sottolineare lo storico approdo delle donne a metà del governo sottolineando il colore delle giacche e il livello dei tacchi, cosa che dovrebbe far riflettere le leader di “Se non ora quando”. Eccola qui l’Ora, ragazze, non si vede dove stia la differenza.
Il nuovo che avanza ha rilanciato anche Berlusconi, primo interpellato da Renzi per incardinare tutta l’operazione. Condannato da mesi per squallidi reati contro la cosa pubblica ad astenersi dalla politica è stato ricevuto non già dai giudici di sorveglianza, bensì dal capo dello stato per illustrargli quello che pensa e intende fare sul futuro del paese. Per ora appoggia Renzi, rassicurando i suoi che non è un comunista.

Rossana Rossanda, www.sbilanciamoci.info, 25 febbraio 2014

domenica 9 febbraio 2014

Per la verità, sulle foibe...

In vista della celebrazione lunedì 10 febbraio della Giornata del Ricordo, il Gruppo di ricerca storica del Centro per la nonviolenza di Brescia ha diramato una nota “sulle complesse vicende delle foibe, dell’esodo dei giuliano-dalmati e delle vicende del confine orientale dopo la seconda guerra mondiale”.
“Suscita preoccupazione – spiega il portavoce Adriano Moratto, figlio di esuli - la disinformazione con cui si affronta la tragedia delle foibe istriane, oggetto già dopo l’8 settembre del 43 di interventi propagandistici, che isolandola dal contesto storico e ignorando le responsabilità di chi quella guerra ha scatenato, recupera acriticamente la pubblicistica nazifascista di allora”.
“Non ci si può limitare a isolare singoli eventi, né fare finta che quella tragedia sia maturata in forma indipendente da quelle che l’hanno preceduta” sottolinea. “Faremmo un torto alle vittime italiane delle foibe e all'esodo di tanti nostri connazionali dall'Istria e dalla Dalmazia, alle vittime nell'immediato dopoguerra, alle decine di migliaia di donne e uomini che scapparono sotto la pressione dei nazionalisti sloveni e croati, se non spiegassimo le ragioni che stavano alla radice di quell'odio: la violenza e l'espansionismo fascisti, con le loro innumerevoli e barbare stragi sul confine orientale. E, prima ancora, la furibonda campagna di italianizzazione delle popolazioni slave durante il ventennio di Mussolini, spinto invece a realizzare un preciso programma di oppressione snazionalizzatrice dei sudditi del regno. Poi vennero la seconda guerra mondiale dichiarata dall’Italia e l’invasione, nel ’41, al Regno jugoslavo, i paesi bruciati, le stragi, le torture, i centomila civili internati nei campi di concentramento italiani. E alla fine una ideologia razzista anti slava militarmente praticata per lunghi anni dai fascisti si rovesciò nella vendetta delle foibe  con le centinaia di vittime ritenute sommariamente responsabili delle violenza del regime (la cui “conoscenza” prescinde in gran parte dalla ricerca storica più avanzata, prigioniera com’è di un’informazione unilaterale e propagandistica veicolata dai principali media) e nella “scelta” finale dell’esodo di tanti nostri connazionali da quei luoghi”.
 “La ricerca storica - conclude - dovrebbe uscire dai vecchi schemi di sterili contrapposizione e lasciare a ricercatori giovani e non coinvolti nelle diatribe dei testimoni, la possibilità di una ricerca a tutto campo ora che sono disponibili anche documenti di fonte yugoslava”.

mercoledì 5 febbraio 2014

F-35: perché NO

Dopo che persino il Pentagono nei giorni scorsi ne ha certificato la scarsa affidabilità, la sorte del 'nuovo' cacciabombardiere F-35, che il governo italiano avrebbe intenzione di acquistare in 90 esemplari per la nostra Aeronautica militare, è davvero periclitante e ad illustrarne le magagne sarà venerdì 7 febbraio a Brescia lo scienziato Francesco Vignarca, il ricercatore che ha smascherato l’ ultima folle spesa della lobby militar-industriale e coi suoi studi ha aperto la strada per un ripensamento di tutto il modello nazionalistico della difesa militare.
Alle ore 20.30 al Centro Parrocchiale di Santa Maria in Silva, in via Sardegna 24, presenterà il suo volume-inchiesta "F-35. L'aereo piu' pazzo del mondo" (Round Robin editrice, 144 pagine, 13 euro), nel quale conduce una accurata radiografia delle caratteristiche di questo aereo che è diventato il simbolo delle spese militari folli del nostro Paese, nen 14 miliardi di euro per comprare novanta cacciabombardieri d’attacco, sotto attacco da parte dei centri di studi strategici delle cancellerie di mezzo mondo.
Partendo dalla fabbrica di Cameri, in provincia di Novara, il libro smaschera tutte le bugie sfoderate finora sull'argomento per perorare la causa dell'acquisto. Stando a quel che si legge in queste pagine, non ci saranno penali da pagare per uscire dal faraonico programma di spesa collegato agli F-35, il ritorno economico non supererà il 20% degli invesimenti, la sua costruzione porterà al massimo 600 posti di lavoro, ben lontani dagli oltre 10mila promessi. Tutto ciò mentre già Canada, Olanda e Australia hanno ufficialmente rinviato o sospeso il programma.
Con l'autore venerdì sera dialogherà il portavoce del Movimento nonviolento Adriano Moratto e il coordinatore di Pax Christi don Fabio Corazzina.

lunedì 3 febbraio 2014

Fascismo, razzismo, maschilismo

Il linguaggio rivela l'ideologia. Le parole sono gia' azioni.
Berlusconi con i ripetuti insulti alla parlamentare e gia' ministra Bindi, insulti conditi da turpiloquio, bestemmie, sconcezze e sghignazzi.
La Lega, con i ripetuti insulti alla ministra Kyenge, in un'orgia di razzismo e istigazione all'aggressione fisica.
I grillini, con i ripetuti insulti alla presidente della Camera Boldrini, in una valanga di violenza verbale maschilista.
La violenza delle parole ostende la violenza dei pensieri e prelude o si accompagna o eccita alla violenza degli atti.
Nel caso dei governi di Berlusconi e dei ministri leghisti abbiamo gia' visto gli esiti: criminali e golpisti, con politiche neofasciste che hanno provocato e provocano tuttora sofferenze tremende a innumerevoli persone innocenti.
Nel caso dei grillini abbiamo gia' visto quale concezione abbiano della democrazia e delle istituzioni, e del resto il brutale ed osceno linguaggio del loro capo carismatico e' caratterizzato da una retorica che esibisce e propaganda una assoluta assenza di rispetto per la dignita' umana altrui - una retorica che in Italia abbiamo gia' tragicamente conosciuto.
Un nesso lega fascismo, razzismo, maschilismo.
Solo chi non vuole vedere puo' non accorgersene.
Solo chi ne e' complice non si avvede che questa barbarie fomenta e sostiene la violenza contro le donne, la violenza contro i migranti, la violenza contro gli sfruttati e gli oppressi, i deboli e i bisognosi.
La lotta contro il maschilismo, il razzismo e il fascismo, la lotta per la dignita', la civilta' e l'umanita', e' qui ed ora il primo dovere di ogni persona che non si e' arresa al male.

sabato 1 febbraio 2014

Eliminare le barriere architettoniche sulle autolinee

E’ iniziata nel giugno 2011 e non è ancora finita.
L’epopea (non trovo altro termine per definirla) che unisce me, indomita diversabile con carrozzina elettrica, all’APAM, azienda di trasporti, martedì 28 ha visto l’ennesima vergognosa puntata.
In mezzo ci stanno innumerevoli telefonate, mail, incontri con l’amministratore della società, con la responsabile dell’area marketing, con chi si occupa della gestione dei mezzi, con il capofficina.
A tutto questo si somma la mia sperimentazione con i tecnici dell’APAM di tipologie diverse di pulman, una nuova carrozzina a tre ruote (al posto di quella a quattro) che, se da un lato permette di andare a posizionarmi correttamente nello spazio dedicato alla “contea dei ruotanti”(di cui faccio parte), mi espone ad un rischio notevole quando, scesa dal pulman, devo percorrere le nostre strade ed i marciapiedi, che sono ormai, pressoché ovunque, un colabrodo.
Ma il problema, per me, sorge ancora prima. Molti pulman (purtroppo anche quelli nuovi) hanno le cinture di sicurezza che sono troppo corte e, quindi, io non riesco ad agganciarmi ed essere “trattenuta”. Devo portare, quindi, sempre con me la mia personale vecchia cintura che, come si dice, è “meglio che niente”!
Anche perché i mezzi corrono veloci: gli autisti hanno tempi stretti da rispettare.
Il giorno 28 avevo prenotato la corsa delle 20.15 da Calcinato a Montichiari.
Poi, ho dovuto fare un cambio programma. Capita a tutti nella vita, no?
Sono andata a Brescia e per il ritorno anziché la corsa delle 19,40 (la stessa che passa alle 20.15 a Calcinato ed arriva a Montichiari alle 20,30) dato che ero in ritardo, ho deciso di prendere quella delle 19,50 che arriva, comunque, a Montichiari.
E qui iniziano i problemi. L’autista mi anticipa che non sa se la pedana funziona e lui non l’ha mai usata. Dopo varie telefonate all’officina dell’ APAM per ricevere istruzioni, riesce a farmi salire. Sono infreddolita. Chiedo di accendere il riscaldamento, ma pare che non funzioni. Partiamo con un ritardo di almeno 15 minuti.
A qualcuno dei passeggeri questo ritardo fa saltare degli impegni ed è, chiaramente, “disturbato”.
Ma il tutto precipita quando, giunti a Montichiari, la pedana non funziona più.
L’autista mi rimprovera di non avere prenotato perché questo avrebbe fatto sì che gli dessero un altro mezzo con pedana manuale….
Certo, lo sappiamo, che tutti i cittadini prima di usare il pulman telefonano al call-center dell’APAM in modo che in officina si accertino che il motore del mezzo che devono prendere funzioni!............
No, non serve, al motore del pulman si fa una regolare manutenzione!
E perché alle pedane per gli handicappati no? So che la disposizione è che, quando io prenoto, l’autista prima di partire deve controllare che la pedana funzioni. SOLO se c’è una prenotazione.
Ed io prenoto, quando mi è possibile. Lo faccio per evitare di trovarmi nella bruttissima situazione dell’altra sera: al freddo (l’autista ha detto che dovevo tenere le porte aperte perché altrimenti poteva essere accusato di sequestro di persona….), aspettando che arrivassero i pompieri a “salvarmi” (non è la prima volta che vengono a farmi scendere a braccia).
Mentre attendevo ho condiviso quasi un’ora con gli altri passeggeri di cui qualcuno solidarizzava con me, qualcuno si preoccupava del grande ritardo, e qualcuno voleva a tutti i costi tirarmi giù a braccia (così come avrebbero fatto i vigili del fuoco…), così il pulman sarebbe potuto ripartire….
Io, sempre più congelata, ero anche a disagio di fronte alla loro irritazione, mentre cercavo di spiegare che no, non potevo accettare, perché sarebbe stato pericoloso per loro e per me.
Il colpevole, a quel punto, non era più l’APAM, ero io.
Come si dice: “Oltre il danno, anche la beffa”!

Calcinato, 30.1.14

Tiziana Treccani - Via Baratello 28/O – 25011 Calcinato (Bs) – tel 030.9969899 - 333.6970048